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L'ARTISTA

Angiolo Mazzoni

Angiolo Mazzoni nasce a Bologna il 21 maggio del 1894 da una famiglia di estrazione piccolo borghese.
Il padre Ciro era un funzionario del Ministero delle Comunicazioni dal carattere particolarmente forte. Il Mazzoni, infatti nei suoi appunti sulla sua formazione di architetto e ingegnere, - conservati presso il Mart di Rovereto, nel fondo a lui dedicato, ce lo descrive come un uomo «che tutti considerava a lui per intelletto inferiori e pieni di manchevolezze morali e fisiche». Atteggiamento questo che condizionerà non poco tutta la vita e l’attività stessa del Mazzoni. La madre Adalgisa dal Grande era di origine senese, come il marito.
Nel 1905 Angiolo si trasferì a Roma dove ebbe l’opportunità di conoscere Il Futurismo, Marinetti, Boccioni, Balla e l’architettura austriaca di Hoffmann. Nel 1911, infatti, a Valle Giulia, era stata inaugurata l’Esposizione Internazionale di Belle Arti, nella quale tutte le nazioni più importanti erano presenti con un proprio padiglione. Quello dell’Austria era appunto di Giuseppe Hoffmann che gli rivelò, come dovesse essere l’architettura:

" Costruzione divenuta poesia. "

Nel 1914 si iscrisse alla Scuola d’Applicazione per Ingegneri di Roma, sotto la guida di Gustavo Giovannoni, Giovan Battista Milani e Vincenzo Fasolo, dove si laureò in Ingegneria Civile nel 1919 e in architettura nel 1922 a Bologna, dopo aver lavorato qualche tempo con Marcello Piacentini. Nel 1921 fu assunto a Milano al Servizio Speciale Lavori delle Ferrovie dello Stato, prima come ingegnere provvisorio, poi a Bologna quale ingegnere in prova, infine nel 1922 venne nominato Ispettore stabile. Nel frattempo aveva sposato Maria Bozzato ed era diventato padre di Elisa.
Dal 1924 fu assegnato al Servizio Lavori e Costruzioni a Roma, ufficio diretto da Ferruccio Businari. «E’ questa condizione di architetto funzionario statale - dice Massimo Martignoni nel suo saggio, Angiolo Mazzoni architetto di edifici pubblici, 1894-1979, - a fare di Mazzoni un caso a sé stante nel panorama architettonico italiano fra le due guerre. Uno status di indubbio privilegio, che gli permise una continuità progettuale, negata alla maggioranza dei suoi colleghi e tale da lasciare, nelle decine di edifici realizzati con ampie disponibilità tecnologiche e finanziarie, un segno tangibile nell’architettura del ventennio».

Nel 1932 dopo aver ricevuto la promozione ad Ispettore Capo ed il titolo di Commendatore della Corona d’Italia, in occasione dell’inaugurazione di Littoria conosce Marinetti che esalta le sue qualità professionali nell’articolo Ritmo eroico, pubblicato sulla «Gazzetta del Popolo» del 19 dicembre 1932. Da qui la sua simpatia per il futurismo e la progettazione del palazzo postale di Sabaudia che ne rappresenta per alcuni aspetti l’emblema. L’edificio, iniziato nel 1933 fu portato a termine nel 1934.
Nel maggio del 1933 aderisce al movimento futurista e dirige, con Mino Somenzi, i periodici «Sant'Elia» e «Artecrazia», caratterizzandoli con numerosi interventi, anche polemici, sul significato del termine moderno in architettura. Nel 1934 fa anche parte dei «consigli artistici» delle riviste «Stile futurista» e «La Città nuova».

LE OPERE

Tra le sue opere di maggior pregio architettonico vanno segnalate: la «Colonia per i figli dei ferrovieri e dei postelegrafonici» Rosa Maltoni Mussolini, al Calambrone; i palazzi delle poste di Nuoro, Varese, Massa, Ragusa, Grosseto, Bergamo, Ferrara, La Spezia, Gorizia, Agrigento, Littoria, Pistoia, Pola, Trento, Palermo, Abetone, Sabaudia, Ostia Lido; le stazioni ferroviarie di Bolzano, Brennero, Siena, Trento, Littoria Scalo, Reggio Emilia, Montecatini Terme, Reggio Calabria, Messina, Roma Tiburtina, Roma (ampliamento Termini) Firenze (Cabina apparati centrali e Centrale termica di S.M. Novella), molte delle quali distrutte dai bombardamenti alleati.
Un percorso come vediamo che attraversa tutta l’Italia.
Nel 1937 gli è affidato l’incarico di curare la progettazione di lavori speciali quali la costruzione delle stazioni di Roma Termini, Venezia Santa Lucia, Reggio Calabria, Trento, Messina, Villa S. Giovanni.
Con la fine della Guerra Mazzoni fu denunciato alla Commissione per l’epurazione. Le accuse mosse a suo carico risulteranno poi infondate.
La Commissione «A» di epurazione di primo grado presso il Ministero dei Trasporti Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato ne propone la dispensa dal Servizio.
Nel 1948 si trasferisce pertanto in Colombia dove insegna all’Università di Bogotà; l’anno successivo, purtroppo, muore il figlio Marcello travolto da un’auto.
Rientrato a Roma nel 1963, conduce una vita ritirata, sebbene culturalmente viva fino alla morte, avvenuta il 28 settembre 1979.

"Mazzoni, per comporre la sua tavolozza attinge a piene mani dalle nostre cave di marmo e di pietre pregiate, sfruttando una delle poche ricchezze naturali di cui l'Italia abbonda, e piegando la materia ingrata e fredda a comporre le mirabili sinfonie cromatiche che hanno il potere di imprimere slancio ad un edificio piatto, di portare in su la volta bassa di una sala, di alleggerire un particolare pesante, di accentuare la morbidezza e l'eleganza di linea di una scala, giostrando coi piani, sviluppando linee curve o spezzate per accogliere giuochi di chiaroscuro, sottolineando i risalti e annullando le dissonanze che la funzionalità parrebbe rendere inevitabili, e compiendo in ciò vera e propria opera di pittura."
R. Fanti
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